Questo testo contiene una tesi diversa e complementare a NEET & Coach e vi invitiamo a leggerli entrambi.
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Rabbia, totale disillusione, voglia di uno scossone anche se brutale e devastante.
Questa è la sensazione di totale iniquità che aleggia negli animi di un’intera generazione sotto scacco, alla quale non è permesso sbagliare, proprio perché costretta a riflettere secondo gli schemi mentali imposti dalla società.
Una società che premia, sin dal contesto scolastico, chi ha successo (possibilità di borse di studio, promozioni) e punisce chi non lo ha (debiti formativi, bocciatura).
Con il passare del tempo i giovani associano l’errore al concetto di punizione, e non a quello di feedback per correggersi. L’errore diventa evidenza di fallimento, invece che opportunità di ripartire per la crescita personale. L’errore/fallimento diventa una caratteristica della persona, invece che un suo comportamento episodico. Si sviluppa così un naturalesenso d’inferiorità che, nei casi più cronici, si traduce in depressione o condotte nevrotiche.
Per modificare questo stato, bisogna osare e non aver paura di errare.
Etimologicamente la parola errare significa “andare vagando”, ed è per questo che è opportuno sperimentare nuove strade, per trovare la retta via, anche a costo di svariati tentativi fallimentari.
Tutti gli elementi della psiche, infatti, si organizzano conformemente alle mete che l’individuo si è prefissato, condizionando così ogni successivo comportamento. Questo tanto nel caso in cui la situazione si evolva verso successi, quanto al contrario si evolva con dei fallimenti.
È dunque fondamentale spostare l’asticella costantemente un po’ più in alto, senza limitarsi a dire “allora è questo il meglio che posso ottenere” o “allora è questo ciò che sono”. E’ un indispensabile gesto di coraggio. Soprattutto a seguito di un fallimento! (ed è qui che un coach serve davvero…)
Così si tempra il carattere e si sviluppa la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici.
Questo era anche il percorso indicato da Adler nel suo principio della spontanea strutturazione delle parti in una totalità, nodo fondamentale nella costruzione della sua teoria del complesso di inferiorità.
Alla luce di quanto sopra esposto, il segreto della resilienza, ovvero la capacità di risollevarsi dopo una caduta, potrebbe celarsi dietro l’elaborazione degli insuccessi?
Come dire che non possiamo avere resilienza se non c’è stato apprendimento, elaborazione della caduta? Possiamo rispondere a questa domanda attraverso un cambio di paradigma basato su difficoltà e tenacia.
È ciò che è accaduto alla pattinatrice Shizuka Arakawa, medaglia d’oro nel 2004 ai XX Giochi Olimpici invernali, che fino all’età di 5 anni ha cercato di migliorarsi cimentandosi in un esercizio di estrema difficoltà chiamato <layback Ina Bauer>. E’ una figura di pattinaggio artistico su ghiaccio in cui un pattinatore, piegato all’indietro, danza tenendo le lame parallele e i pattini puntati in direzioni opposte.
- le altre pattinatrici si focalizzavano sui propri punti di forza, ripetendo e allenando gli esercizi meglio riusciti
- Shizuka Arakawa cadde più di 20.000 volte sulla superficie del ghiaccio, per cercare di eseguire questo esercizio in maniera impeccabile.
Che cosa le ha dato la spinta motivazionale per perseguire il suo obiettivo?
La gioia e la soddisfazione di dar prova a tutti, ma soprattutto a se stessa, di essere capace (nonostante i numerosi insuccessi) di rialzarsi e migliorare costantemente l’esercizio fino a raggiungere il proprio obiettivo personale.
Nella stessa direzione, moltissimi anni dopo l’elaborazione delle teorie citate in questo articolo, Steve Jobs, malato e ormai prossimo alla morte, ha sottolineato come sia possibile trarre nuova linfa dagli insuccessi: in un famoso discorso motivazionale alla Stanford University nel giugno 2005, che si concludeva con le parole “siate affamati, siate folli”.
Sitografia:
Gemini Dario – Assiomi di psicologia individuale in Adler
Bibliografia:
Adler A. Heilen und Bilden, 1914 (Guarire ed educare: fondamenti di psicologia individuale per psicoterapeuti e insegnanti(1904-1913), a cura di Egidio Ernesto Marasco, Newton Compton, Roma, 2007);
Ansbacher H. L., Ansbacher R. R. – La psicologia individuale di Alfred Adler. Il pensiero di Alfred Adler attraverso una selezione dei suoi scritti– Psycho, 1997.
Isaacson W. – Steve Jobs (Italian Edition), Mondadori, 2011
Zerbetto Riccardo (a cura di) – Fondamenti comuni e diversità di approccio in psicoterapia– Edizioni F. Angeli, 2007.