Proponiamo questo articolo -pubblicato su Brain Cooperation da Luigi de Bernardis– come stimolo a chi fa coaching ai CEO e in generale ai vertici aziendali.
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Da sempre chi si occupa di organizzazione sa che ogni soluzione ad un problema comporta la conciliazione pesata tra diversi fattori (efficacia, efficienza, qualità, …). I metodi che sono stati proposti tendono sempre a ricercare un approccio il più possibile razionale. Ora qualcosa di nuovo si muove. Si comincia a mettere in discussione questa prevalenza della razionalità e dell’ordine.
Di questo ed in particolare di una teoria (Paradox Theory), che sta incontrando il favore dei ricercatori di organizzazione e di management in generale, si è parlato in una conferenza svolta a Cascais in Portogallo il 24 maggio. Alla presenza di alcuni degli studiosi più noti che hanno scritto sul tema, tra cui Linda Putnam e Wendy Smith, sono stati descritti e approfonditi contorni e possibili sviluppi della tematica.
La paradox theory parte da una considerazione forse banale, secondo cui i leader si trovano spesso a interfacciarsi con scelte tra opposti che appaiono inconciliabili. Con essa si propone un approccio diverso da teorie precedenti come ad esempio quella istituzionalista, il cui fine appare la soluzione dei trade-off in un modo univoco. Per i seguaci del “paradox approach” esistono tensioni e contraddizioni nelle organizzazioni che sono persistenti e che non possono o devono essere risolti ma, al contrario, gestiti essendo consapevoli di doverci convivere.
Se l’osservazione di partenza può apparire banale, così non è per le spiegazioni relative al <come> gestire queste tensioni persistenti e sopravvivere.
Applicazioni? Le più diverse. Dalla sostenibilità sociale a quella strategica, dall’identità organizzativa elastica alla spiegazione dell’approccio ai diversi modelli di business per le start up.
Lo sforzo congiunto di management e ricercatori dovrà essere quello, rispettivamente, di descrivere come sopravvivono alle contraddizioni che incontrano nelle loro aziende e di concettualizzare questi metodi in modo da favorirne una disseminazione nelle organizzazioni.
Per fare un esempio, l’idea di arrivare ad una identità organizzativa unica è considerato velleitario. Le organizzazioni sono piene di persone che cambiano continuamente la loro percezione del chi siamo. Pertanto, i leader devono convivere ed accompagnare questo senso del noi che cambia di continuo. Non possono indirizzarlo. Possono solo fornire stimoli che favoriscano il cambiamento nella direzione auspicata sapendo però che un punto di arrivo non esiste più. Il cambiamento stesso è l’obiettivo.
Riferimenti
- Linda L. Putnam, Gail T. Fairhurst, Scott Banghart, “Contradictions, Dialectics, and Paradoxes in Organizations: A Constitutive Approach”,The Academy of Management Annals, Volume 10, 2016
- Wendy K. Smith, Marianne W. Lewis, The Oxford Handbook of Organizational Paradox, Oxford University Press