Perché i nostri giovani, sono così attratti dalla pratica del sexting?
Partiamo da questa domanda per sviluppare le nostre argomentazioni come Counselor e Coach, e soprattutto come adulti o come chi ha la pretesa di definirsi tale.
È evidente che, pur consapevoli ormai dei rischi cui vanno incontro, per i nostri adolescenti o giovanissimi la tentazione del sexting è fortissima.
Lo è per alcuni motivi fondamentali:
- il mondo dei social è un mondo che accarezza il lato narcisistico di ciascuno di noi, e la nostra società spesso ci stimola ad identificarci con immagini femminili o maschili che rasentano la pornografia. Per i giovani dunque identificare se stessi con un corpo ben formato e ben venduto diviene un binomio quasi naturale
- non esiste più una seria educazione alle emozioni e al rispetto del proprio sé emotivo e corporeo
- e, infine, sono venute meno quelle forme di pudore e cura, che hanno guidato per anni le vecchie generazioni. La consapevolezza serena, cioè del riconoscere che seppur tutto è possibile, non tutto è opportuno.
Oggi per i nostri giovani possibilità e opportunità non differiscono più concettualmente e questo genera confusione; certo è possibile riprendersi in bagno mentre si esplicano le proprie funzioni primarie… ma è realmente opportuno?
In ultimo, non possiamo dimenticare il fatto che i nostri giovani -e non certo per loro responsabilità- non sono più educati alla lentezza, al tempo necessario perché le cose maturino e accadano… pertanto, se non riesco a vedere il mio fidanzato oggi, perché aspettare domani o il prossimo fine settimana? che male c’è se intanto “lo tengo in caldo” con foto di seni e fondoschiena nudi?
Cosa fare allora?
Intanto cominciare da noi stessi. Sta a noi per primi, adulti e genitori, educatori e formatori, riposizionare nella giusta distanza tutto questo. I primi fruitori del sexting infatti siamo proprio noi, gli adulti. Che abbiamo molto spesso la pretesa dell’educazione senza volerne portare davvero il peso, che predicano bene e razzolano male.
Chi non ha mai imputato questa colpa ai vari spazi religiosi con i loro ministri e portavoce?
Forse dunque, non solo in alcuni luoghi, ma nei nostri luoghi, quelli psichici che abitiamo e che ci appartengono intimamente, vorremmo essere gabbiani liberi. E invece ci scopriamo razzolanti nell’aia.
Il coaching è uno strumento che può insegnarci a volare, a distendere le ali, oltre le paure e gli spazi angusti delle nostre debolezze e minorità.
Ci vuole coraggio.
Tanto! Per restituire a noi stessi, in qualità di adulti, e al nostro corpo, dignità e valore, per sentirsi davvero testimoni di cose opportune, non solo possibili per dare sostegno ai nostri giovani, non con le parole, ma con il nostro autentico saper bene stare.