Il che porta ad adottare azioni disdicevoli senza che ad esse si associno sentimenti di vergogna.
Si fa ma non si dice.
Un’etica dichiarata e sbandierata in pubblico è sempre un ottimo alibi per praticarne un’altra in privato. Basta non dirlo.
Ci si giustifica sostenendo che l’opacità è una forma di tutela della propria privacy e di riguardo per non offendere la sensibilità dell’opinione pubblica. E’ una scusa molto comoda e a volte funziona. Ma quando si scopre l’ipocrisia, la reputazione precipita in fondo al burrone.
E alla mattina, quando ci guardiamo allo specchio, che faccia vediamo?
Nonostante si faccia un gran parlare di etica e onestà, i comportamenti scorretti sono assai diffusi e non sembrano provocare grossi sensi di colpa in chi li pratica. Come mai?
Il fatto è che esistono meccanismi mentali che permettono all’individuo di restare in pace con la propria coscienza anche quando pone in atto comportamenti contrari ai principi di riferimento dichiarati.
E’ necessario conoscere questi meccanismi di alibi auto-assolutori, individuarli quando vengono messi in atto e smascherarne il ruolo mistificante.
Un suggerimento:
- Smascherare le furbate di opportunismo
- Tenere a bada il furbetto che c’è in me
- Costruire alleanza tra i coraggiosi
A scopo esemplificativo, e con taglio divulgativo, tratteggio qui uno alla volta i più diffusi alibi mentali, per i quali ho rielaborato liberamente il lavoro di Albert Bandura, un esperto che ha studiato i diversi meccanismi di disimpegno etico.. Nelle puntate precedenti avevo parlato di disimpegno morale e di scarico di responsabilità e di buone intenzioni.
Vi aspetto alla prossima!