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Completo qui, con la dimensione sociale, le riflessioni sul potere che sto facendo in questo periodo, iniziate con il potere nel lavoro e poi con il potere nella vita privata.
Qualsiasi teoria psicologica si voglia considerare, qualunque orientamento si voglia abbracciare, tutti gli specialisti non possono che concordare che l’equilibrio psico-fisico sia senz’altro più che un obiettivo statico, una meta dinamica, da rinforzare quotidianamente attraverso il mantenimento di un buon compromesso tra la propria logica privata e il senso comune e nel rispetto delle regole sociali.
Il potere agito nell’ambito sociale è l’espressione della nostra volontà e capacità di adattamento. E’ l’insieme delle azioni e delle attività che realizziamo finalizzate, non solo al raggiungimento di nostro prestigio personale, ma anche l’agito del nostro sentimento comunitario che è, in pratica, la manifestazione della nostra intelligenza emotiva.
Il potere sociale è anche direttamente proporzionale alla nostra autostima e anche alla qualità dei nostri meccanismi di difesa.
Rispetto a quest’ultimi non è un caso che quelli più funzionali siano per esempio l’umorismo e l’altruismo, ovvero delle modalità rivolte al benessere collettivo.
Non è “un volemose bene”, ma una logica “win win” vs “mors tua vitae mea”.
Le nostre azioni all’interno del compito sociale sono senz’altro anche lo specchio della nostra autostima e della nostra intelligenza emotiva, perché per agire un buon influenzamento sociale è fondamentale avere una buona centratura, una capacità di valutazione di sé stessi realistica, con una consapevolezza dei propri punti di forza ma anche delle proprie aree di miglioramento.
Mantenere in sintesi un atteggiamento assertivo con gli altri, nel rispetto dei propri obiettivi e della propria autorealizzazione.
Se ci spendiamo per il gruppo, la comunità, l’altro in generale, con ponderatezza, non temiamo che l’altro possa nuocerci (e noi non abbiamo la volontà di nuocere all’altro), anzi ci facciamo promotori di azioni sociali utili alla conservazione del sé e a quella altrui.
Per esempio, nell’ambito dei rapporti di amicizia: che tipo di spinta abbiamo nel costruirli e mantenerli?
- Sono rapporti strumentali, siamo capaci di essere supportivi, ma anche di chiedere aiuto quando ne abbiamo bisogno o ci sentiamo sempre in dovere di primeggiare?
- Facciamo mai un passo indietro rispetto alle nostre convinzioni?
- Ci appaga il nostro gruppo sociale di riferimento oppure ci sentiamo inadeguati?
- Crediamo che siano gli altri o siamo noi a determinare questi sentimenti?
- Ne riusciamo a parlare apertamente o evitiamo sistematicamente i confronti?
E’ senz’ altro più semplice e conveniente focalizzarsi sui propri bisogni e quelli della propria intima cerchia familiare, ma è necessario ricordare che per noi, animali sociali, è fondamentale anche presidiare tutte quelle dinamiche relazionali che ci fanno sentire attivi all’interno della comunità, meglio se in modo utile per sé e gli altri.
In quest’emergenza sanitaria:
- alcuni sentono il proprio potere all’interno del compito sociale minimizzato e represso, probabilmente anche accentrato da altri mezzi che sostituiscono le abilità sociali dirette e personali di ognuno di noi;
- al contrario altri non percepiscono la differenza o addirittura si sentono avvantaggiati, essendo abituati o comunque principalmente orientati, alla salvaguardia dei propri interessi personali e a tollerare poco gli aspetti relazionali vitali comuni in generale.
Ne sono un esempio soprattutto le modalità di comunicazione, assolutamente orientate verso l’utilizzo di strumenti vicari e quindi sempre più indirette e mediate, con la promessa fittizia di avvicinare e che invece, a lungo termine, non fanno altro che allontanare.
E’ evidente, inoltre, quanto, talvolta, il mezzo assuma più importanza del contenuto:
- chi non ha esperienza di call o chat che vengono aperte in cui non si sa che cosa realmente condividere se non lo spazio sul web?
- Quanti articoli leggiamo ultimamente sul nostro smartphone in cui si incoraggia l’utilizzo di una piattaforma piuttosto che un’altra, di quanto sia popolare lo strumento x e di quanto sia ormai fuori moda l’app y?
- Basta ripetere ciò che sentiamo dai media per sentirci padroni dell’argomento, senza necessariamente capirlo, attingendo tra le fonti più varie e improbabili e credendo che condividere tutto questo sia socialità.
Chi ricorda il bias di Dunning e Kruger? https://it.wikipedia.org/wiki/Effetto_Dunning-Kruger
In sintesi è l’errore cognitivo che tutti noi commettiamo quando sottostimiamo un avvenimento o diamo pareri affrettati in virtù della nostra nostra conoscenza superficiale.
L’attuale emergenza sanitaria ne ha purtroppo offerto molteplici esempi.
Ovviamente è un meccanismo inconsapevole a cui tutti noi siamo soggetti, nessuno escluso, ma questo ci deve far riflettere sulla grande probabilità di condividere informazioni sbagliate a causa di una presunzione fittizia di conoscenza e questo fenomeno si amplifica e si moltiplica con il prolificare di strumenti molto user friendy che sono senz’altro user e intuitivi, ma davvero poco friendly.
Ecco probabilmente a chi, o meglio, a che cosa abbiamo delegato il nostro potere nel compito sociale: a mezzi intermediari, tecnologici e virtuali, ma quando ci riapproprieremo della nostra libertà e della nostra vera socialità probabilmente ci scontreremo con questo degrado e chissà che considerazioni ne trarremo.
Forse, quando finirà questo periodo di forzato isolamento sociale, dovremmo interrogarci sulle vere pratiche di socialità e condivisione e rieducarci nel ritrovare il reale piacere di stare insieme davvero.