Di Effetto Werther parlò per primo il sociologo David Phillips con riferimento al romanzo I dolori del giovane Werther di Johann Wolfgang Goethe, in cui il protagonista, non corrisposto nel suo amore, decide di suicidarsi. Negli anni che seguirono l’uscita del romanzo si verificarono molti suicidi in giovani che lo avevano letto. Casi analoghi furono riscontrati sia in relazione ad altri romanzi che ad eventi specifici, come la morte di Marylin Monroe.
Quando ho scoperto questo fenomeno, mi è subito tornato in mente uno dei miti greci che lo richiama molto e che viene narrato nell’Orestea da Eschilo. Dopo avere ucciso la madre Clitennestra, per vendicare il padre Agamennone ucciso da lei e dal suo amante, il giovane Oreste fugge, perseguitato dalle Erinni (divinità vendicatrici) e da Erigone, figlia di sua madre e del suo amante Egisto. Arrivato infine ad Atene, Oreste viene processato, ma la dea Atena decreta la sua innocenza. Per il dolore Erigone si impicca e, in seguito al suo gesto, molte ragazze ateniesi cominciano ad impiccarsi anch’esse. Interpellato, l’oracolo di Apollo consiglia di costruire delle altalene, che daranno alle ragazze la sensazione dell’impiccagione, senza le nefaste conseguenze.
Interessante notare che, durante la Rivoluzione Francese, le signore iniziarono a portare attorno al collo un nastro rosso, detto alla ghigliottina in quanto voleva imitare il segno della testa spiccata dal busto. Fu creato persino un taglio di capelli chiamato à la victime.
Attualmente viene definito effetto Werther l’ascendente esercitata dai media sui comportamenti suicidi. Sembrerebbe che ci sia una pulsione emulativa molto forte che può scatenarsi a seguito di particolari situazioni e, data la pervasività dei media nella società odierna, questo fenomeno potrebbe essere destinato a rafforzarsi. Quello che bisogna chiedersi è se tale situazione possa verificarsi anche in altri ambiti, differenti dal suicidio. Ovvero se la grande quantità di stimolazioni continue cui siamo sottosposti, oltre che dai media tradizionali anche dalla connettività continua, e che sono spesso negative, non porti ad una spinta emulativa dei soggetti più sensibili a tale stimolazione.
In merito fa pensare anche il famoso esperimento carcerario di Stanford, svoltosi nell’estate del 1971 ad opera del professor Zimbardo ed al quale si sono ispirati alcuni film. In tale esperimento vennero selezionati 24 studenti universitari, scelti anche per il loro equilibrio, e vennero inseriti in una simulazione situazionale, in cui alcuni interpretavano i carcerieri ed altri i carcerati. Dopo cinque soli giorni l’esperimento dovette essere sospeso in quanto i partecipanti, immedesimatisi in maniera allarmante nei ruoli, dettero vita a pesanti situazioni di violenza e vessazione.
È così facile che determinate situazioni influenzino alcune persone? È così facile che comportamenti potenzialmente negativi vengano scatenati per emulazione? Se così fosse, bisognerebbe porsi serie domande sulla qualità di immagini, suoni, relazioni ed informazioni nelle quali siamo immersi quotidianamente. Nel film Sesso e potere, con Dustin Hoffman e Robert De Niro, uno spin doctor inventa una guerra per distrarre l’opinione pubblica da uno scandalo sessuale che coinvolge il presidente degli Stati Uniti. Ispirato ad una storia vera, ancora una volta ci dimostra come possiamo essere soggetti ad essere influenzati e quanto sia importante che ognuno di noi sia presente a se stesso per fare fronte a un mondo di illusioni.
Come counselor e come mentor vale la pena di pensare a come tutelare clienti e mentee, che a volte vivono in climi organizzativi carichi di veleni, invece che di spinte al benessere o alla collaborazione o a una modalità sana di conseguire gli obiettivi. Per allenarli a resistere invece di lasciarsi influenzare e travolgere. Infatti nostre menti sono estremamente imitative ed empatiche, come dimostra la scoperta dei neuroni specchio, e questa qualità può manifestarsi sia in situazioni positive, sia in situazioni negative.
L‘immagine mostra la scultura Ocean Breeze, della serie Sharks, dell’artista serbo Marko Gavrilovic