La questione di per sé non è un elemento negativo a priori. Decidere di seguire un proprio credo, un proprio stile di vita, diverso dalla consuetudine generale, è un elemento di libertà individuale che non deve essere demonizzato.
Esiste però una parte di queste organizzazioni che agiscono come culti distruttivi, con azioni manipolatorie non dichiarate, che annullano la personalità degli aderenti allo scopo di ottenere soldi, sesso, potere.
In Italia questo fenomeno non è regolamentato da leggi specifiche. Da quando nel 1981 è stato abolito il resto di plagio, poiché la norma creata nel 1930 dal Codice Rocco, non era più consona alla nuova Italia e lasciava troppo alla discrezionalità del giudice di applicarla in modo o in un altro, sono rimasti vani gli inviti della Corte Costituzionale ad adottare una nuova legge sulla questione.
Sono passati quasi 40 anni, e ancora esiste un vuoto normativo che pesa. Mentre, nel mondo, altri stati hanno preso atto degli studi di psicologi e psichiatri che dimostrano la valenza distruttiva delle tecniche di manipolazione mentale nella vita di persone fragili, perseverate spesso per anni, e hanno creato strumenti di tutela e di attenzione.
Se entrare in un culto distruttivo è facile (di solito succede in un momento di debolezza, dovuto per una malattia, un problema relazionale, problemi economici, etc. in cui potenzialmente tutti possiamo cadere), uscirne è molto più difficile.
Inoltre il problema è: una volta usciti, miracolosamente, cosa fare?
E’ certamente necessario il lavoro di professionisti preparati sul tema, e il contributo di uno psicologo, un coach, un counselor, sarebbe un notevole aiuto.
La vittima di un culto distruttivo, una volta uscita dal sistema, si ritrova isolata, in un mondo che fino al giorno prima vedeva come un inferno, svuotata della sua essenza, spesso senza soldi e con l’incapacità momentanea di trovare il suo percorso di vita. Capisce di aver buttato via anni della propria vita in quella che sembrava un’isola felice e che invece si è rivelata una mostruosità. Rivive nei suoi incubi le violenze, gli abusi, e ancora di più ha paura delle ritorsioni che la setta può farle per aver scelto la strada della libertà.
Si è fuori, ma la mente è ancora ingabbiata lì dentro.
Eppure prima di entrare nelle grinfie della psico-setta quella era una persona con sogni, aspettative, desideri, ambizioni. Non dimentichiamo che spesso sono persone benestanti, anche famose (vedi Michelle Hunzinker), di cultura, a rimanere ingabbiate da questi gruppi.
Quindi è un lento lavoro di recupero, in cui nulla è scontato. Il gesto più banale diventa spesso una conquista che va consolidata nel tempo. Occorre insieme indagare, quanto tempo ci si è messo a distruggere la propria personalità, pian piano ristabilirla, sapendo che niente sarà uguale a prima.
Paradossalmente se si affronta un percorso di ricostruzione, non si torna indietro. La persona, per quanto oggi sia stremata, è un nuovo individuo, più forte, più consapevole. Non bisogna mai buttare via il bambino con l’acqua sporca. Anche da un percorso così difficile esiste un grande dono, che dobbiamo accettare.
Queste organizzazioni creano delle dottrine, solitamente ispirate a grandi idee (religioni, visioni politiche, visioni economiche, ambientaliste, etc.) per poi stravolgerle in azioni quotidiane volte a dimostrare all’adepto che la sua UNICA speranza di trovare la felicità è quella di annullare se stesso in funzione della visione di uno o più individui, i quali, per grazia divina o per predestinazione o altro sono in possesso della VERITA’.
La persona viene così immessa in una visione salvifica ed elitaria: “Salveremo il mondo dalla catastrofe, solo noi sappiamo come fare. Noi siamo gli eletti”.
Molto importante la catena della paura: fuori dal gruppo ci sono la malattia, la solitudine, la guerra, la violenza; solo qui trovi la pace e la tua vera famiglia.
Per ottenere questo privilegio viene adottata una serie di regole che hanno la funzione di abbassare il livello critico dell’adepto: lavorare molto fisicamente, mangiare poco o cibi con scarsi nutrienti per il cervello, riunioni infinite in cui veicolare i messaggi distruttivi, fino all’uso di sostanze stupefacenti in determinate organizzazioni.
Il lavoro del terapeuta è quindi arduo, impegnativo, ma di grande effetto, se realizzato con etica e professionalità. Assurge a ruolo di educatore, nel senso più vero della parola.
La parola educazione significa trarre fuori (dal latino ex-ducere), condurre fuori ciò che è dentro, portare alla luce ciò che è nascosto, rendere attuale ciò che è solo potenziale, sviluppare. Inoltre educare significa trarre fuori da condizioni che limitano; in altre parole è produrre un processo di crescita.
Proprio questo processo di crescita è quello di cui ha bisogno la vittima di un culto distruttivo: ritrovare le sue vere ambizioni, i suoi desideri, realizzarli con gioia, perché ne ha il potere dentro di sé.
Il Parlamento Italiano ha attualmente 2 proposte di legge nate di recente sull’abuso psicologico.
Lo Stato ha però bisogno di figure professionali che lo affianchino per il recupero di quelli, tra noi, più sfortunati che sono stati scippati di anni preziosi della propria vita.
Proveremo nei prossimi articoli a dare ulteriori informazioni su questo peculiare e delicato settore.