- Le liste sono una perdita di tempo.
- Faccio un piano ma poi mi interrompono.
- Ogni giorno è diverso.
- Non dipende da me.
- Mi piace essere aperto, e non rigidamente programmato.
- Troppi programmi uccidono la creatività.
- Ci sono troppe cose da fare.
- Sto sempre a rincorrere qualcosa.
- Quelli che rispettano i piani è perché non lavorano tanto quanto me.
- Il mio lavoro è dinamico, mica programmabile come quello di un travet.
- Mi piace lavorare con la porta aperta, in senso reale e metaforico.
Molti di noi -tutti?- ci lamentiamo di non avere tempo per fare le cose che vorremmo, di non riuscire a fare un piano e rispettarlo. Le obiezioni vanno dal fatto che è sempre colpa degli altri all’idea che pianificare appartiene a una cultura fredda, spersonalizzata. Il che fa sì che in realtà fare un programma e attenervisi non è visto come un’opzione interessante.
Un coach alle prese con questo problema nei suoi coachee ha bisogno innanzi tutto di ribaltare questo assunto. Perché il problema non è l’ignoranza di un Pert o un Gantt o del valore di una semplice lista o dell’incapacità di distinguere urgenze da priorità. E’ che a non programmare ci si sente più liberi.
Un articolo interessante del blog di Eric Barker ci aiuta a ribaltare questa credenza. Offrendo una diversa polarità: lavoro profondo contro lavoro superficiale.
Il secondo è quello che ci evita di venire licenziati, ma il primo è quello per cui si viene promossi. Quando si studia, il secondo è quello che ci darà la sufficienza, il primo è quello che ci farà capire la materia. Il secondo è quello che si fa in automatico, ma il primo è quello che dà un senso alla nostra professionalità.
Gestiamo -e in parte programmiamo- riunioni e telefonate, appuntamenti dal medico e controlli di come procedono i progetti, cioè, appunto, lavoro superficiale.
Quello che non programmiamo, e che quindi finisce per non trovare uno spazio adeguato nella nostra agenda e nel nostro tempo, è il lavoro profondo. Che non solo è quello che ci farà procedere nella carriera, ma è anche quello che ci rende appagati, concentrati, soddisfatti.
Vista in questo modo, diventa interessante preparare un piano realistico e rispettarlo, facendo in modo che includa una parte di approfondimenti, di cura delle persone, di networking per arricchirsi di idee e contatti, di analisi del modo di lavorare della propria squadra.
Questa vignetta illustra l’articolo citato. Da notare che un ritardo di un quarto d’ora viene considerato già significativo!!