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Continuiamo la nostra analisi -iniziata affrontando l’aspetto dell’esercizio di potere nell’ambito lavorativo– con una riflessione dedicata invece alla nostra vita personale.
Ciascuno di noi, infatti, persegue nella propria vita obiettivi, finalità, ambizioni nell’ambito lavorativo, sociale e personale. Siamo animali sociali e questo determina il nostro bisogno dell’altro in tutte le tre sfere principali di autorealizzazione.
Abraham Maslow nel 1954 aveva definito i bisogni umani classificandoli in base ad una gerarchia di appagamento/motivazione e indicando la socialità come uno tra i bisogni principali che genera appartenenza, e conseguente solo al bisogno di sicurezza e a quelli fisiologici.
Tra questi ultimi certamente possiamo collocare la ricerca del partner: ma quali sono i fattori che permettono di far maturare, crescere ed evolvere le relazioni fino al farle diventare una base sicura e stabile, un sistema, un compito da mantenere quotidianamente?
Nasciamo come individui sin dall’inizio bisognosi di cure: la prima coppia che sperimentiamo è quella simbiotica con la madre per poi vivere la dualità della genitorialità e sviluppare una nostra identità unica e irripetibile che origina appunto dal nostro sistema di riferimento personale.
La famiglia e i gruppi sociali reali (ma forse oggi anche quelli virtuali) ci formano, deformano e creano la nostra struttura di personalità come tanti cerchi concentrici, ognuno determinato reciprocamente dall’altro, come tanti fili della vita che ci legano reciprocamente.
Cosa ci guida nel ripetere questa continuità?
Siamo sempre consapevoli di:
- essere inseriti in una rete di relazioni e del bisogno primordiale dell’altro?
- essere guidati principalmente da archetipi a cui tendiamo e che cerchiamo di esaudire?
Gli archetipi sono quelle strutture primitive ed ancestrali che creano le nostre figure di riferimento che ritroviamo nelle nostre relazioni.
In psicologia, Carl Gustav Jung fu tra i primi medici a introdurre questo concetto che generò anche la definizione dei tipi/tratti psicologici.
La stessa coppia genitoriale è l’espressione di un archetipo comune che garantisce una subspecie eternitatis, la continuità della specie umana.
Nelle diverse epoche e nelle diverse società questi archetipi si sono sempre mantenuti costanti come matrici costitutive, ma in base anche alle nuove regole sociali, hanno certamente mutato la loro forma.
Quello privato è un compito che deve essere mantenuto vitale non solo per noi e per il nostro equilibrio psicofisico, ma anche per vivere in modo appagato e sicuro il nostro senso comune all’interno della società.
Per quanto faccia parte dell’aspetto personale e riservato della vita di ciascuno di noi, ha senz’altro un’influenza nell’ambito sociale, ne determina costi, cambiamenti, ma anche nuove potenzialità.
- Che valore diamo realmente alla nostra vita personale?
- Quanto ce ne prendiamo cura?
- Come può collocarsi il concetto di potere nel rapporto di coppia?
- Come riusciamo a mantenere l’equilibrio tra la nostra identità e quella dell’altro?
- Siamo sempre consapevoli del potere che l’altro esercita su di noi?
- E quello che invece esercitiamo noi sull’altro?
Fondamentale è riconoscere la differenza tra desiderio e bisogno dell’altro.
Esistono tantissimi rapporti personali anche duraturi che si fondano proprio su questo principio: ovvero creare dipendenza nell’altro, fare in modo che l’altro dipenda da noi probabilmente per soddisfare anche un nostro perverso e latente bisogno di controllo.
Ora in questa tipologia di rapporti è chiaro che il potere è totalmente centrato su un soggetto della coppia che, apparentemente, conserva maggiori risorse.
Ma è davvero così?
Nel DSM5, Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, tra i disturbi di personalità ne esiste uno di dipendenza che caratterizza quelle persone che in maniera patologica sono assolutamente condizionate dall’altro tanto da averne sviluppato una vera e propria dipendenza.
E’ chiaro che in questo ambito stiamo descrivendo persone con un certo grado di fragilità, ma per esistere questa dinamica relazionale è necessario che esista un contraltare, ovvero qualcuno che eserciti una coercizione, una forzatura uguale e contraria.
Non è un caso che esista infatti anche il disturbo di personalità narcisistico e quello istrionico in cui, con modalità e obiettivi diversi, la relazione con l’altro è fortemente condizionata dal potere e dall’attenzione che si riesce ad esercitare ed attrarre.
Tutto ciò solo per proporre degli esempi che dimostrino l’estrema delicatezza e soggettività del compito e di come anche in questo caso la variabile potere abbia molteplici significati ed utilizzi.
E’ assolutamente condivisibile che la propria vita personale si mantiene vitale solo nel rispetto delle individualità e laddove ci sia una reale ed effettiva progettualità condivisa; quando il legame cresce e si fortifica non per l’esibizione né per l’inibizione della personalità di uno dei due soggetti, né per lo status o per condizioni strumentali.
Diventa a tutti gli effetti un confronto quotidiano che talvolta si esprime in termini di lotta, a volte d’incontro, ma che si mantiene duraturo e incoraggiante solo se viene costruito con una visione prospettica condivisa e trasparente, in cui la coppia non è solo la somma delle due individualità, ma è anche uno scambio alla pari delle proprie esperienze e aspirazioni con il rispetto delle proprie differenze e libertà.