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“Sono un manager, devo fare coaching manageriale?”
A questa domanda che tanti si pongono, rispondiamo “probabilmente sì, ti serve”.
Infatti molti manager oggi si fanno supportare da un coach:
- Un po’ perché si fa sempre meno formazione in aula, sempre meno partecipazione a gruppi di apprendimento o condivisione, poca formazione specialistica o aggiornamento settoriale
- Un po’ perché il ricorso al lavoro in remoto inserisce nuove criticità e diminuisce occasioni di interazione e confronto diretto che sono anche occasioni di apprendimento e affinamento
- Molto perché in una posizione manageriale di responsabile di business è cruciale il possesso di abilità di motivazione, decisione, leadership, etc, le cosiddette soft skills trasversali
- Sempre di più per finalizzare al massimo il tempo che si ha a disposizione per apprendere e migliorarsi, dove il rapporto coach-coachee garantisce appunto questa ottimizzazione
- Certamente se la posizione è di vertice, dove la possibilità di confrontarsi alla pari è minima, ed è necessario saper disegnare il futuro, trasmettere una visione, rimodellare valori, coinvolgere il contesto sociale.
Come si svolge un percorso di coaching manageriale
Il manager si fa aiutare a puntare sui suoi punti di forza, a individuare punti deboli, a gestire ansie e incertezze di ruolo, a vedere le cose da una prospettiva diversa.
Come succede all’imprenditore, il coach rappresenta la sua spalla, l’alleato che diminuisce la solitudine nel ruolo e con cui si può essere sinceri fino in fondo: senza rischiare che dimostrare una debolezza metta a repentaglio immagine, potere e carriera.
Un percorso di coaching manageriale si propone di sbloccare una o più potenzialità del coachee, un dirigente o un quadro; appunto, una persona che per il suo percorso di carriera non può più puntare esclusivamente su capacità settoriali (tecniche, di marketing, etc).
Che però sono le capacità che gli hanno consentito di emergere e farsi cooptare per un ruolo più alto, e quindi le competenze su cui è abituato a basarsi; su cui, in base alla sua esperienza di successo, può affidarsi per conseguire i risultati. Ma dalla sua nuova posizione di manager o di capoprogetto o di top manager scopre che non basta più, occorre qualcosa di diverso e apparentemente inafferrabile.
Abilità relazionali, di innovazione, di decision making, di apprendimento, di adattamento, di gestione dell’incertezza, di focalizzazione…
Un coach non può trasformare il suo coachee, non può per esempio prendere uno specialista e farne un appassionato dell’approccio olistico. Nemmeno si tratta di trasferire una competenza o di travasare una conoscenza.
Come agisce il coaching manageriale
Il coach non farà insegnamento, ma maieutica, stimolando il coachee a tirare fuori qualcosa che c’era già, ma si manifestava solo parzialmente.
Qualche esempio:
- capacità decisionale, che finora si era espressa solo come competenza tecnica di supporto decisionale per altri
- attenzione ai dettagli, che nel ruolo precedente veniva trascurata in quanto poteva sembrare addirittura un disvalore e una perdita di tempo
- gusto per la pianificazione, che era stato spento in un contesto di grande variabilità che la rendeva ridondante
- capacità di rischiare, che appariva temerarietà quando non era ancora accompagnata dal controllo sulle risorse
- capacità di stare nell’incertezza, ora che gli obiettivi sono a lungo termine e i feedback tardano fisiologicamente ad arrivare
- capacità di influenzamento nei confronti di una pluralità di stakeholders, che prima si era sviluppata solo in altri contesti come volontariato o tempo libero
- capacità di esprimere la leadership disegnando il futuro per l’organizzazione e i suoi membri, che in ruoli di minore visibilità sarebbe sembrata solo sogno velleitario.
In quali attività consiste un coaching manageriale
Un coaching manageriale è un coaching che si pone obiettivi legati alla sfera professionale. Ovvero non è life, non presuppone un approccio olistico al benessere della persona intera, ma si focalizza su un risultato spendibile sul lavoro, capace di portare risultati anche economici e di business.
Per esempio: saper negoziare con successo porterà a spendere meno per acquisire le risorse e massimizzare i risultati di una vendita o un accordo.
Anche se molte scuole ritengono che essendo la disciplina del coaching legata al metodo, con un metodo unico si può agire sia sulla sfera life sia su quella del lavoro.
E alcune sostengono che il coaching è sempre life, dato che va a impattare su credenze e valori, e non solo sui comportamenti.
Si definisce un obiettivo, normalmente il potenziamento di una delle capacità indicate qui sopra. Con una serie di incontri il coach aiuterà il coachee, in questo caso il manager, a trovare la sua strada per svilupparla.
Ci saranno esercizi mirati, il ricorso a metodologie precise, l’uso di metafore, l’analisi dei casi specifici di successo e insuccesso del coachee, il racconto della sua storia professionale, la riformulazione delle alternative possibili, l’osservazione concreta del comportamento, l’identificazione di modelli positivi, e altro ancora.
Quanto dura un percorso di Coaching Manageriale
Come il coach dei campioni dello sport li aiuta a trovare il loro specifico modo di tirare in porta o schiacciare un servizio vincente; così il coach dei manager lavora sul fatto che il coachee trovi il suo personale modo di sviluppare ed esprimere una abilità o un comportamento di relazione o di disegnare una strategia.
Una volta identificato un possibile modo, si tratta di sperimentare se realmente funziona mettendolo in pratica e cogliendo i feedback espliciti e impliciti.
Quando ci si accorge che funziona occorre fare sì che diventi fluido, un comportamento naturale, uno strumento espressivo o decisionale in più da aggiungere a quelli già padroneggiati.
Ogni percorso può durare qualche mese e comportare in media una decina di incontri, di persona oppure on line, integrati se occorre da supporti spot, completati da esercizi, esperimenti e riflessioni.
Quando il coachee è un top manager o un imprenditore, spesso la relazione con il suo coach diventa di supporto stabile, finalizzata via via a superare ostacoli nuovi o perfezionare altre capacità.
La foto dell’articolo riproduce un’antica mappa araba del mondo allora conosciuto, conservata in Portogallo nella Fortaleza de Sagres.