A volte, o addirittura spesso, un incontro di coaching può nascere in modo fortuito. Pensiamo ad un agosto feriale, una spiaggia assolata del profondo sud Italia, sabbia bianca e brezza leggera, una bibita e un romanzo d’evasione, conoscenze precarie da ombrellone.
Qui si identificano i personaggi della storia.
Da un lato un affermato piccolo imprenditore veneto, un successo costruito con le sue mani, che non smette di pensare al lavoro neanche quando nuota.
Dall’altro un consulente/coach che non separa in modo netto lavoro e tempo libero, e pertanto non conosce occasioni in cui rinunciare a vendersi.
Il primo contatto scatta fra le mogli vicine di chaise longue, che si scambiano una ricetta per il paté di foie gras. Si passa a una chiacchierata fra uomini, prima sul calcio e poi sulla pagina finanziaria del quotidiano. Il passaggio successivo è refrigerante puccio con una permanenza di lungo periodo a mollo in sessanta centimetri d’acqua.
E qui scatta la molla della curiosità interessata per entrambi.
- “Ma che mestiere fa?”
- “Siamo in acqua, in vacanza, possiamo anche darci del tu?”
- “Che cosa ne sai del mio mercato?”
- “Che cosa faresti nei miei panni (non nel mio costume!)?”
- “Come ti muovi con i tuoi clienti?”
- “Ti racconto un episodio e mi dai il tuo parere”
- e via discorrendo.
E’ un fine gioco delle parti: l’uno vuole e cerca di strappare più informazioni possibile delle esperienze del coach, l’altro tenta di sottrarsi al perfido gioco della consulenza gratuita; ma senza chiudersi la porta verso potenziali future giornate di lavoro da fatturare, dando quindi un po’ di proficua pastura senza regalare troppi pareri.
Mi domando se sia possibile, anche in vacanza, dover fiorettare con attenzione e concentrazione. E mi rispondo da solo che certo che è possibile, anzi è ragionevole. Mi vengono in mente immediatamente i nomi di diversi fra gli ultimi clienti con cui è cominciata proprio così, ad un aperitivo, in una passeggiata in montagna, in un noioso ricevimento che sembrava non finire mai. Una prima battuta che incuriosisce, un’osservazione che offre uno sguardo diverso sulla realtà abituale, e poi finalmente la richiesta di un appuntamento vero e proprio.
Per la cronaca: non c’è stato seguito a quel lungo bagnomaria, se non nei segni nelle dita di troppa permanenza nell’acqua.