Il numero di quanti vivono in un Paese che non è quello in cui sono nati non è mai stato alto come oggi, in nessun periodo storico. Ce lo dichiara l’UNFPA, United Nations Populations Fund.
Tra chi emigra, i più lasciano il proprio Paese in cerca di condizioni economiche migliori e di maggiori opportunità di crescita sociale; altri sono spinti a fuggire da emergenze di crisi politiche o di guerre. Altri ancora si spostano perché la loro professione, oggi, non ha più confini.
Che influenza avrà questo cambiamento epocale sulla qualità delle interazioni e sui processi di adattamento delle persone e delle istituzioni? Come riusciremo a superare, negli anni a venire, le barriere che ancora ci separano da stili di vita e da modi di lavorare più sostenibili?
Con questa conferenza Sietar Italia intende contribuire al dibattito sugli impatti delle migrazioni e della mobilità globale. Milano, 20 e 21 febbraio, presso l’Educandato Statale Emanuela Setti Carraro, via della Passione 12.
Non esistono soluzioni semplici e lineari. I professionisti che operano nel campo dell’intercultura sono tuttavia chiamati a svolgere un ruolo critico per lo sviluppo di visioni a respiro globale e per il disegno delle competenze necessarie al dialogo tra culture diverse. Questa conferenza mette a disposizione dei partecipanti un punto di vista aggiornato sulle pratiche interculturali e sulla ricerca in corso, su quello che funziona e quello che è difficile, sui costi e le opportunità.
Manager italiani e internazionali, filosofi, accademici e consulenti condividono le loro esperienze e la loro visione: Peter Franklin della Constanz Universitaet, David Trickey di TCO Mangement, Lavinia Bracci di Siena Italian Studies, Annavittoria Sarli e Carla Lunghi dell’Università Cattolica di Milano. E ancora Fiora Biagi, Anne Claude Lambelet, Sabine Baerlocher, Julio Gonzalez, Luigi Catania e Luigi Serio, e Giuseppe Carrieri che commenta un breve film.