Un tema che molti coach affontano con i loro coachee è quello del burn out.
Limitando qui le osservazioni alla sfera professionale, ricordiamo che spesso il burn out non viene presentato come tale, ma è percepito e descritto come un problema esterno, tipo “i capi non sanno quello che chiedono” oppure “quel collega non lo reggo più e andrebbe cacciato via” oppure ancora “sto cercando di andarmene ma non ci riesco, qui nessuno ha idea di quello che andrebbe fatto“, o altro ancora.
L’attenzione può concentrarsi su:
- Burn out del coachee stesso, che quindi chiede aiuto per sé
- Burn out dei collaboratori del coachee, che il capo vuole prevenire e ridimensionare.
Il primo passaggio quindi è aiutare gli interessati a rendersene conto. Ovvero a capire che si tratta di una difficoltà personale -gestibile- e non di un dato del contesto -non gestibile.
Uno strumento può essere la lista seguente: rispondere SI’ a 2 o più degli atteggiamenti elencati, pone nell’area di rischio.
- Continuare ad agire come nel ruolo precedente e basarsi prevalentemente sull’esperienza personale, quando intorno cambiano i riferimenti, dalla squadra alla strategia al business alla geografia.
- Accettare senza contrattare delle missions impossibles, ovvero di raggiungere risultati al di sopra delle proprie forze o delle possibilità della squadra.
- Ritenere che se si potesse avere mano libera si sarebbe in grado di risolvere tutti i problemi, la cui causa sta nei colleghi e nei capi incompetenti
- Voler essere accettati da tutti, compiacere tutti gli interlocutori, promettere di fare tutto e subito e bene.
- Dare la colpa di tutto ad una specifica dimensione, spesso la globalizzazione delle collaborazioni oppure l’irrompere del virtuale/digitale.
- Non accorgersi o mostrare di non accorgersi di cambiamenti importanti nella squadra, incluso il clima.
- Percepire tutto come inutile: le riunioni, i report, lo sforzo personale, gli input dei capi, le richieste dei collaboratori, i tentativi di coinvolgimento, gli strumenti di formazione e miglioramento.
- Sentirsi sopraffatti fino all’impossibilità di reagire: dall’impegno richiesto, dalla natura dagli obiettivi, dai concorrenti, dalla pressione dei colleghi.
La soluzione sta quasi sempre nel prendere le distanze! E starà al coach proporre di volta in volta esercizi che consentano al coachee di fare un passo indietro e riacquistare padronanza.
Alcuni suggerimenti concreti e applicabili li offre il francese le blog du management.
Foto di Giulia Stazzi